La fanciulla a puà – scritta e narrata da Mariangela Venezia
La fanciulla a puà
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Quando nacque tra giubilo ed emozione,
laggiù nel regno remoto di Vallampone
suo padre camminava facendo solchi sul mattone
eccola che arriva la figlia del capostazione!
Nacque paffuta, ridente di gaiezza,
con gli occhi di muschio e un guizzo di vispezza
e una macchia blu all’altezza della guancia sinistra
blu come il mare del sud, mica bluastra
Accorsero da ogni dove dottori e specialisti
armati di strani arnesi e di strumenti mai visti
cosa sarà la macchia blu sulla guancia dell’infante?
una malattia rarissima, un segno preoccupante?
Era tonda come un bottone
blu come l’abisso profondo e lucente come ottone
la neonata era forte, in salute e ridente
se quella macchia era un male, era un male da niente
Ma dopo qualche giorno un’altra ne spuntò
una macchia zaffiro stellato sulla guancia destra si formò
simmetrica e rotonda, identica per grandezza e colore
nel regno di Vallampone face molto clamore
Non si veniva a capo della situazione
nessun professorone trovò una spiegazione
intanto la bambina si riempiva di pallini
due persino sui lobi, a mó di orecchini
sarà la varicella, il morbillo la scarlattina
nessun sintomo e nessun dolore lamentava la piccina
Cresceva allegra e spensierata
e se d’esser diversa notava
suo padre la natura e suoi abitanti raccontava
lo sai che le coccinelle son fatte di pallini?
e portano fortuna se le trovano i bambini
e le zebre tutte a righe abitano la radura
dei cavalli speciali ha fatto la natura
e i camaleonti sui rami che cambiano colore?
indossano l’arcobaleno, capito che onore?
Per questo la bambina ormai fanciulla diventava,
e di essere a puà quasi più non si curava
fioriva come un giglio a macchioline blu
e gli occhi verde muschio rilucevano di più
Un giorno prese il treno e lasciò Vallampone
per vedere il grande mondo, al di là della stazione
suo padre salutava col fazzoletto in mano
la fanciulla a puà piangeva piano piano
Ben presto si accorse viaggiando tra città,
che la natura agli umani le macchie blu non fa
fa mille altri segni, lasciati dalla vita
ma niente pallini, che tristezza infinita
Gli altri fanciulli la guardavano, con esitazione
pensavano fosse ben strana la sua condizione
temevano il suo aspetto e non la lasciavano parlare
la fanciulla taceva ma non riusciva a capire
Era fatta a puà, come il leopardo della savana,
era bianca e blu, come un’isola lontana
ma la lingua che parlava veniva forse dalla luna?
e se tutti quei tondini fossero una sfortuna?
Su quel cucuzzolo vive un’esperta di magia
le disse una vecchina, incontrata per la via
è capace di mutare l’aspetto di ogni cosa
potrà toglierti quel blu e rifarti tutta rosa
La fanciulla rifletté, forse il bandolo era lassù,
su quella antica rocca, mille metri o poco più
sarà che la natura ci fa tutti differenti
ma i miei pallini blu mi portano tormenti
bussò al portone in ferro, permesso sono qua
mi smacchi per favore, son la fanciulla a puà
Vieni vieni bimba mia, la maga brontolava
intrugli nauseabondi negli alambicchi miscelava
se vuoi trovare chi ti ascolti e ti lasci parlare
il blu che porti addosso dobbiamo levare
Domani all’alba presto ritorna al mio cospetto,
intanto riposa su questo comodo letto
finite le tue pene, ritroverai il sorriso
senza più puà sul tuo giovane viso
Vagando per le stanze lassù nella magione
la notte nera di gufi respirava dal bastione
lei vide sulle mura una grande macchia rossa
dalle sembianze umane e rimase molto scossa
Si avvicinò pian piano, chi sei tu,
sei un uomo o una magia, non lo capisco più
lui si voltò, era un uomo, dalle mani di abete odoroso
i denti di conchiglia, di oceano ondoso
era rosso vermiglio, né per imbarazzo né per timidezza
un rosso mai visto, lucente di bellezza
ma tu sei a colori, se è un sogno che non mi svegli più
tu sei tutto rosso e io a pallini blu
Lui sorrise, con la sua bocca ondulata
cantando idiomi ignoti, con voce argentata
son prigioniero della maga, vermiglio sono nato
mi nasconde al mondo per non avermi cambiato
il suo incantesimo su di me sortisce effetto alcuno
così rosso come sono, che non mi veda nessuno
che belli i tuoi pallini, blu di zefiro e di mare
che bello quel che dici, continua a parlare
la prese per la mano e volarono tra le stelle
i puà splendevano, parevano scintille