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In copertina fotografia di Francesco Muscente ©Francesco Muscente
Disegno grafico di Paolo Ferro
©Paolo Ferro, Evento,2014
Siamo soliti ritenere il mitico un tempo astorico precedente all’invenzione del tempo da parte dell’uomo che prende consapevolezza della morte e di conseguenza giunge alla formulazione delle varie mitologie inerenti la nascita, l’origine e la genesi delle forme di vita nel pianeta e nell’universo. Il mitico quindi, relegato ai primordi dell’umanità (nella cronologia viene indicato come Paleolitico) starebbe a indicare un tempo in cui l’uomo vive in una condizione prerazionale che lascia e perde a favore dell’insorgere del pensiero razionale e di un nuovo modello di vita. Il coronamento dell’evolversi dell’homo sapiens sarebbe rappresentato dalla rivoluzione Neolitica, con l’abbandono delle attività di caccia e raccolta da parte degli uomini a favore dell’allevamento sistematico, della coltivazione agricola, della domesticazione degli animali, dell’assoggettamento dell’uomo a forme gerarchiche.
Il mitico apparterrebbe alla dimensione ritenuta definitivamente perduta della parola originaria che lascia aperto il campo alla parola dominata, alla metaparola, alla parola che nomina e fissa letteralizzando le cose, la parola che si fa oggetto e soggetto possedibile, frammentabile, determinabile, avente unicamente scopi finalistici e utilitaristici, incluso l’aspetto ludico. Quell’ambito che noi abbiamo definito natura, ma che dovremmo ritenere ambito ben più vasto della definizione stessa, e che chiamiamo ambiente, atmosfera, clima, mondi, ultracosmi, l’infinibile ignoto, appartiene alla dimensione mitica, quella dimensione che forzosamente ricondotta alla sfera razionale mitologica di memoria greco platonica, ricompare come indistruttibile alla vita stessa di ciascun essere vivente. Per gli umani è Parola. Né ineffabile, né dicibile, semplicemente appare, phanes originario del quale a nulla vale pretendere farlo pervenire da una origine certa, il sacrum della parola non è racchiudibile in un tempio di strutture grammaticali; la fonte originaria da cui emerge non si concede al tempo, si accorda al ritmo del mitico senza fornirne rappresentazioni dimostrabili. Insituabile, la parola è originaria, sovverte la nozione causale e i nessi misurabili spazio temporali, riguarda il mitico e l’originarietà di ogni atto di parola. In ambito razionale si è soliti chiamare questa originarietà libera e sorgiva: Altro, che fa emergere l’arte, la poesia, la musica, la danza, il canto, etc. a indicare che il phanes è movimento della parola, luce, voce, e non concede a nessuna definizione sistematica di imperare nel suo punto di fissità. Per questo ogni dominio si impone con la distruzione organizzata per potere risorgere, con qualche aggiornamento armato, identico al precedente, e si immobilizza sul passato producendo un falso movimento sul posto (è da rivedere il film di Wim Wenders, Falso movimento), chiamandolo progresso, futuro, promessa di salvezza, tanto più riaffermato col prodursi permanente della propria decadenza. Il mitico è forza indistruttibile. È il pianeta? Le galassie? Oltre le colonne di Ercole? Suono? La testuggine di mare? Transifinito? Ignoto? Comunque sia denominata la frammentazione classificatoria della conoscenza, pretesa e imposta, in primis della morte, ipostasi di ogni edificazione del potere mondano e divino, il mitico resta indistruttibile, originario. La parola in quanto originaria è libera e leggera, nell’aleatorietà dei significati manifesta la magnificenza dell’immenso in cui stiamo narrando il viaggio della vita.