All rights reserved©Cristina Caloni e Filippo Parodi
Aspettare è la soglia indenne del desiderio, in tal modo la tua vita si compone.
Flebili intervalli, quotidianità che riesce a essere claustrale, il tempo distillato, e al di là della comune percezione, il solo rintocco dell’oblio.
Anche la città può curvarsi a un’esistenza conventuale, anzi, proprio qua l’esercizio spirituale ti risulta più difficile, molto più efficace.
Lodi Mattutine. Ti alzi poco dopo l’alba, ti inabissi nel giardino pensile che esplode: la vite del Canada comincia a farsi rossa e il basilico appassisce, adombrato dalle rose tardive.
Martedì vai al mercato, il clamore ti rapisce, e le voci, i colori, bancarelle, bancarelle! Zucca, funghi e broccoli, forse una conserva, oppure una tisana. Le persone berciano, non le ascolti mai. L’immersione ignara e fiduciosa inocula la pace dentro al cuore.
Pranzi frugali arricchiti con Tchaikovsky e con Beethoven, subito ti incolli alla scrivania, leggi e studi, finché gli occhi non ti bruciano. Filosofia occidentale, testi buddisti, volumi infiniti esistenzialisti. Rifletti parecchio sulla tua condizione e il tram che passa a un millimetro dal petto scandisce le mezz’ore.
Si fa sera e sono i Vespri, in tutti i monasteri il momento d’eccezione. Si abbassano di colpo le saracinesche, i rumori bianchi si diradano.
Prestare attenzione è la forma originaria della preghiera.
Ti accasci tra le piante, indugi, ecco, arrivano gli storni, a gruppi di trenta si tuffano in picchiata, ingrassano di piume la magnolia del cortile. Sinfonie di trilli e di richiami, vengono sancite inafferrabili rotte migratorie. Resti a osservare: loro partiranno e tu?
Hai sempre avuto paura di decidere, sempre hai scelto la strada più appartata da percorrere. Che in punta di piedi non si sbagli mai?
Pomeriggio del mercoledì, il tuo abbonamento all’inammissibile spettacolo Purgatorio Urbano, offerto dalla casa di riposo Ultima Spiaggia. Occupi una poltrona sbeccata, assisti respirando naftalina, dunque ti defili con velata educazione.
Ma alla prima dell’Aristocratica tu ti sei specchiata nel carré di neve candida, il completo rosa antico di Chanel, quel cammeo a fissare la seta e parole strangolate sopra il pavimento di linoleum.
Crocifisso, calendario, nudo corridoio.
Ritta a una fermata soppressa – le dita tremanti che stringevano la borsa – la diva blasonata seguitava a interpellare la platea: si prende qui il 78? Sono in ritardo. Devo andare, devo andare…
Quella sera hai aspettato anche a rincasare. Fino a notte fonda, giù in cortile, la magnolia ti ha parlato. Quindi, nell’abbraccio fioco del soggiorno, pensando che il tuo mondo ti sarebbe mancato, hai tirato fuori una valigia e con garbo l’hai riempita per un lungo viaggio… c’è da dire che comunque, prima di essere svuotata e riposta nell’armadio, la valigia è rimasta per due mesi a bisbigliarti accanto al letto.