Rosa shocking bomb – di Mariangela Venezia
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Si rimira, la donna serpente, nello smeriglio barocco e dorato. Si liscia le squame argentee in semiluce, la lingua biforcuta e gli occhi di ardesia sbaragliano alteri la penombra.
Di pasta di perpetua al mattino, di notte muta la pelle, cambiandosi d’abito soffoca l’odore di carne con olio essenziale di rosa, gelsomino, incenso.
Il fulcro è la sembianza, scolpisce il contorno della parola in graziose forme marmoree e gelate, si infuoca lo sguardo nella febbre delle distanze e nell’ombra, ingemmata di cristalli di sale, velenosa e fierissima, si sazia di ombre e fantasmi.
Cos’è la bellezza, se non lo scoppio di milioni di stelle a inondare l’intorno? Cos’è, se non l’andare solitario della dea tra i resti fumanti?
Regina indiscussa di un regno vuoto, ripalpita la sua chioma riflessa nei cocci.
Il povero indifeso agnellino ha acceso per sbaglio una miccia, diceva la gente, distratto da volo di un passero è inciampato nell’ordigno, volubile d’indole e puro di cuore, ha innescato lo scoppio.
In nome della bellezza.
Il serpente e l’agnello intrecciati danzano il cantico del mondo. Dell’uno le forme sinuose, dell’altro il manto soffice di spuma di mare, intorno succede il silenzio.
Il madrigale della più bella, il walzer delle regina, il fox trot del corpo perfetto suonano frenetici al ritmo di passi intrecciati, figure e mezzi avvitamenti.
Sale come polvere di nebbie il furore dionisiaco, alla festa danzante del serpente e l’agnello, ornati di arbusti e erbe odorose, insaporiti di ciliegie e cannella, succulenti e bramanti.
Eppure trasudano carne, sogghignano gli invitati.
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