Dylan Dog/ Sergio Gerasi – intervista – di Lisa Rampilli
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LISA RAMPILLI – Sei l’interprete e il disegnatore del celebre personaggio del fumetto Dylan Dog , di sceneggiatura italiana e ambientato a Londra. Ti muovi in un Altrove che è la città di Londra, il personaggio si muove nel contesto della cultura anglosassone. Disegnando, come sei entrato e come ti immedesimi nel contesto inglese?
SERGIO GERASI – La risposta potrebbe risultare scontata: informandomi, semplicemente. A Londra sono stato diverse volte, la maggior parte delle quali per suonare con la mia band, per cui non sono stato un vero e proprio turista -nel senso stretto del termine- ma ho avuto la possibilità di vivere la città in maniera più viscerale. Da disegnatore cerco di calare sempre il personaggio in un contesto che sia il più credibile possibile, moderno e contemporaneo (perché di fatto Dylan continua ad esserlo, contemporaneo). Da un altro punto di vista però, spero sempre che la sceneggiatura mi supporti nell’intento di ricreare uno scorcio di Londra adatto a Dylan Dog. Londra è vivace e varia,ma soprattutto mutevole-statica, grigia e boriosa, verde e nebbiosa. Insomma ha i colori cangianti di un cubo di Rubik impazzito, bisogna avere la giusta sensibilità per cogliere la sfumatura grigio rossa adatta a Dylan Dog.
LR – Il personaggio Dylan Dog è un investigatore dell’incubo, dell’occulto, dell’inconscio, ha l’aura di William Blake, la seduzione dell’avventura di Lord Byron, è uno squattrinato perché pratica un mestiere comportandosi da artista, ricorda per ossimoro Andrea Pazienza, e nell’opposto è anarchicamente nel giusto, come ti sei calato in un personaggio così sfaccettato e complesso?
SG – Se ti capitasse di intervistare tutti gli autori (tra sceneggiatori e disegnatori) di Dylan Dog, a questa domanda, avresti -io credo- tutte risposte completamente differenti tra loro. Io penso che chiunque abbia a cuore il personaggio di Dylan Dog abbia un suo personalissimo Dylan: ha infatti, come dici tu, mille sfaccettature ma allo stesso tempo un carattere singolare molto forte e delineato. Credo sia questo il suo segreto per piacere a così tante persone (uomini e donne in egual misura) da tanti anni. Del resto lo conferma quello che dice sempre Umberto Eco: “Dylan Dog è -come tutti i capolavori- sgangherato e sgangherabile”. Mi sono quindi facilmente interfacciato con il personaggio avendo ben in mente il lato di lui che più mi appartiene: romantico e introspettivo.
LR – Quale senti sia il tuo contributo singolarissimo di tratto di disegno a un prodotto che ha già uno stilema programmato?
SG – DYD è sempre stata la testata della Sergio Bonelli Editore che ha puntato su uno staff di disegnatori molto diversi tra loro e con un segno forte e personale: non ho quindi dovuto modificare molto il mio approccio al disegno e alla narrazione per rientrare in canoni o stilemi narrativi rigidi e univoci. L’eterogeneità visiva che ha sempre contraddistinto Dylan mi ha permesso di interpretare il personaggio in maniera personale anche se per una questione puramente sentimentale ho cercato, a modo mio, di dargli quel sapore che sentivo quando lo leggevo, entusiasta, da ragazzino.
LR – L’altra faccia della medaglia è: come il disegnare Dylan Dog influenza , qualora ci sia, il tuo lavoro personale?
SG – Come ti accennavo prima, penso che Dylan influenzi il mio lavoro unicamente a livello emotivo: è stato il fumetto che mi ha folgorato da ragazzino ed è stato verosimilmente il motivo per cui ora faccio questo mestiere. Dopo aver disegnato per tantissime serie diverse tra loro per circa 10 anni, il cerchio si è chiuso quando poco più di due anni fa mi son trovato una sceneggiatura di Dylan Dog tra le mani e dovevo disegnarla. Ci siamo insomma ritrovati ‘professionalmente’ in un momento in cui, tra l’altro, posso meglio capire il personaggio, avendo all’incirca la stessa età e molte domande senza risposta in comune.
LR – Oggi che tempo fa a Londra?
SG – Grigio, come sempre. Ma nella fitta e umida nebbia della notte si staglia netto il rosso della camicia di Dylan.