Occlito – di Olga Orlandi

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Lisa Rampilli, Il mondo di Lavatriz


 
 

 
 
 
 
OCCLITO
Ho la faccia blu. E nelle lenti dei miei occhiali riverbera una miriade di Helvetica.
Più picchietto e più mi s’invasano le dita. L’oscurità sfavilla del frastuono digitale.
L’ultima volta che ho scambiato delle opinioni con Lisa, calpestavamo con passetti da cinese il filo dipinto sul linoleum. Oggi facciamo conoscenza una seconda volta; ci riscopriamo ancora funambole ma per niente equilibrate. Montessori: hai fallito.
Ricominciamo da dove avevamo interrotto.
-hai presente in Robin Hood, quando Sir Biss e lo Sceriffo di Nottingham intonano la canzone dei bifolchi che schernisce Giovanni Senzaterra?
-Certo: “quell’avido, cupido, pavido, stupido…
-zotico, lepido…
-stolido, trepido…
-quando irrompe il Principe, lo sceriffo gli da le spalle e dunque continua a gorgheggiare insulti, mentre Biss, che ha avvistato Sua Maestà, si strozza con la saliva e tenta di reinventare il testo infarcendolo d’encomi
-scena irresistibile!
-Si, ma c’è una parola indecifrabile… il boa, sibilando, pronuncia un aggettivo misterioso: occlito.
-Occlito?
-Occlito.
-Prova del nove: il correttore automatico dice pollice verso. Sul dizionario non c’è.
-Ho riascoltato lo spezzone non so quante volte e la parola è proprio occlito.
-Ma non ti rendi conto che anche il vocabolario della chat tratteggia in rosso la parola? Ti confondi!
-Ti dico che è così.
Voglio venirne a capo: apro una nuova conversazione istantanea con mia sorella. Le riassumo il rebus. Lei scartabella in rete, trova il filmato e lo sottopone a mia mamma. La professoressaRicciardi, con gli occhiali in punta di naso, stronca brutalmente l’istorismo isterico: “la serpe dice inclito. Significa Illustre, famoso”.
Lisa è aggiornata in tempo reale con un copia-incolla. La reminiscenza infantile si frantuma in tre sillabe: in-cli-to.
Un bombardamento di fumetti esplode nell’angolo dello schermo che s’ingorga di no e si e no e si.
Lisa torna bambina, poi rinsavisce; annaspa nell’infanzia, riguadagna qualche metro di coscienza; le sue meningi s’inebetiscono e, nuovamente, si spremono.
La negazione passa dallo stampatello dei web trogloditi, ad un corsivo da bella copia telematica; l’albero del punto esclamativo s’inabissa nell’azzurro Pantone 2905 del fondale web. A galla resta un puntino. N’emerge un altro. E un altro.
Sospensione.
Infine, vince la realtà; la dislessia digitale arretra: torniamo alfabete.
Il tempo congelato comincia a sbrinare come un freezer dimenticato aperto a Ferragosto. Ognuna di noi si tocca la fronte: oggi la prima ruga d’espressione ci ha scavato per sempre la crepa del corruccio. Insieme roviniamo nell’età adulta, ci franiamo dentro, ci sgarbelliamo le ginocchia dei sentimenti, ci sdereniamo giù dal girello.
Siamo misere. Già frolliamo.
All’opposto Maria è generosa ed eterna! E ci appare, in bianco e nero, come nel ritratto ovale appeso in classe. La sua crocchia argentea e il pallore saggio del suo viso rischiarano miracolosamente le stanze paurose e buie della nostra corrispondenza; si ravvivano in noi le piccole persone incorrotte e immaginose in fila sulla stringa verniciata.
L’acrobazia bambina riesce sull’orlo del baratro adulto!
Contro la violenza del dato di fatto vince la pedagogia montessoriana: occlito diventa lessico amicale. La credibilità della prime citazioni è viziata dallo sghignazzamento, ma, qualche giorno più tardi, è già un’interiezione familiare. La insegniamo a tutti: istruiamo da capo nonni e genitori. Occasionalmente fiorisce tra le parole consuete e chi l’ascolta, l’apprende la riusa.
E’ neologismo!
Ed è chiaro che il rimbambimento non è altro che un corpo avvizzito, orchestrato da una mente poppante.