Masha Knyazeva / Jet lag da voli gastronautici – di Fabio Carnaghi
Il gusto balcanico per l’espressività e il repertorio tipologico rivisita la reiterazione pop, tipica della tradizione occidentale, attraverso l’ironia e una profonda consapevolezza per la diversità. Voli di gastronauti terminano su piattaforme-copricapo, quasi guide per itinerari del comfort food in cui sentirsi a casa, anche solo col pensiero. L’equivoco della comunicazione pubblicitaria invita semplicemente a sognare un altrove sinestetico, dove il sapore quasi proustianamente fa toccare una terra senza barriere spaziali, temporali e culturali. L’approccio ludico, pressoché infantile, disegna vassoi internazionali da hotellerie o crociera globale. Il pesce islandese tanto secco da essere finto, un proteinizzato piatto fast-food americano, l’inondazione melliflua dello sciroppo d’acero canadese, l’orgogliosa raffinatezza del Roquefort francese con frivolezze di frutta, una turistica pasta all’italiana, un minimal tête à tête giapponese, svedesi Kottbullar come emancipazione della semplicità, il rituale tea time britannico, biblico pane israeliano e una Russia europeizzata che beve vodka, pensando a un passato di caviale sovietico, rappresentano una geografia del life-style, senza temere il luogo comune culturale, nella constatazione di una più che mai contemporanea ontologia alimentare.
Chiunque è ciò di cui si nutre, ma divora tutto ciò che trova – ciò che è e ciò che non è – in una sistematica onnivoracità.
©Masha Knyazeva
©Fabio Carnaghi