La biologia dell’amore- di Silvana Galassi
La biologia è la scienza della vita, un fenomeno così complesso che più lo si studia e più rivela nuovi misteri. Un ricercatore delle scienze della vita spesso si innamora di quello che scopre alimentando con lo studio la sua sete di conoscenza.
Ma c’è sempre il rischio che la passione diventi settoriale e che uno studioso finisca per utilizzare i propri ferri del mestiere per dare risposte semplificate e riduttive a fenomeni complessi. L’amore, come altri sentimenti che guidano i comportamenti umani e quelli di molte altre specie, è stato spiegato da genetisti, fisiologi, etologi, biochimici con motivazioni che vanno dalla necessità di perpetuare la vita sul Pianeta alla semplice risposta degli individui di sesso opposto a reciproci segnali olfattivi e visivi comandati da un complesso di reazioni metaboliche.
Se ammettiamo che l’amore sia una potenzialità diffusa e che ogni specie la manifesti a modo suo, possiamo dare credito alla teoria che sostiene che ogni gesto altruistico di un individuo, interpretabile come amore, è legato alla necessità di far sopravvivere alla nostra morte fisica l’informazione genetica che portiamo in noi. Il genetista darwiniano Richard Dawkins nel suo “Gene egoista” sostiene che alla base dell’attrazione tra i due generi, del senso materno, del sacrificio di un individuo a favore della comunità di appartenenza, c’è l’inderogabile necessità della Natura di mantenere e, possibilmente, aumentare la biodiversità, privilegiando la specie e non il singolo individuo. Il sacrificio dell’ape che muore dopo aver punto un intruso che tenti di avvicinarsi all’alveare ha senso dal punto di vista della conservazione della specie perché si tratta di un individuo sterile la cui morte , secondo Dawkins, “non è più grave della caduta di una foglia di un albero”.
L’ape soldato difende l’ape regina, la leonessa cercherà di salvare i cuccioli più forti e nella scelta per l’accoppiamento verrà privilegiato il maschio dominante per garantire alla prole una maggiore probabilità di sopravvivenza e quindi, in ultima analisi, per proiettare nel futuro il DNA della specie.
Nei mammiferi l’attaccamento alla prole è generalmente più sviluppato nella femmina e meno nel maschio perché mater semper certa, pater nunquam.
Dal determinismo genetico si è scivolati spesso in quello sociale, una becera degenerazione della sociobiologia che studia, invece, in modo serio la base biologica del comportamento utilizzando anche altre chiavi di lettura oltre a quella dell’eredità genetica.
Mentre il determinismo genetico cerca di dare una spiegazione alla necessità dell’amore nel mondo vivente, i biochimici e i fisiologi ci spiegano le ragioni biologiche del perché il nostro sentimento si esprime con tanta forza in determinati momenti della nostra vita. La forza del legame tra individui sarebbe colpa (o merito) dell’ossitocina, un ormone noto da tempo per il ruolo svolto durante il parto e l’allattamento. Alcuni studiosi dell’Università Bar-Ilan di Tel Aviv hanno pubblicato su Psychoneuroendocrinology i risultati di uno studio che indica come questo ormone sia importante anche per i rapporti di coppia: l’analisi dei livelli di ossitocina eseguita su 163 ventenni ha dimostrato che nelle coppie stabili i livelli erano più alti rispetto ai single.
Al contrario, questo ormone è risultato particolarmente carente in soggetti con manifestazioni autistiche [1].
Tuttavia, la produzione di ossitocina sembra più un effetto che una causa della situazione emotiva e non spiega le ragioni della scelta di un particolare partner tra i molti individui con i quali si viene a contatto. Per spiegare l’attrazione tra individui di sesso opposto sono stati chiamati in causa i feromoni, “gli ormoni della comunicazione” da tempo noti come la forma di linguaggio prevalente degli insetti sociali.
Nessuno può dubitare che l’olfatto contribuisca insieme agli altri sensi alla vita di relazione ma il ruolo dei feromoni umani resta ancora da chiarire. Probabilmente chi spera di aumentare il proprio potere seduttivo facendo uso di costosi profumi ai feromoni resterà deluso perché la nostra percezione dei messaggi chimici si è notevolmente affievolita col progredire dell’evoluzione culturale che ha fatto prevalere altre forme di linguaggio.
L’organo vomeronasale, una struttura nascosta nella cavità posta subito dietro le narici o nella parte superiore del palato che amplifica l’olfatto dei mammiferi è presente in forma vestigiale nell’Homo sapiens e sembra addirittura che questo organo sia ormai del tutto scollegato dal cervello.
Goethe sosteneva l’esistenza di “molti rapporti e affinità ancora nascosti di esseri inorganici fra di loro, di esseri organici con gli inorganici, di esseri organici fra di loro”, che spiegherebbero le “affinità elettive”. Qualche velo è stato sollevato sui misteri delle affinità tra gli individui umani ma ancora molto resta da spiegare.
Per il momento forse è meglio limitarsi a cercare una definizione che possa accontentare sia i filosofi sia i biologi. Humberto Maturana, un biologo-filosofo cileno che ha tentato di trovare un “sistema esplicativo ontologico unitario della vita e dell’esperienza umana”[2] propone questa:
“l’amore è un fenomeno biologico fondamentale ed è l’emozione su cui si basa l’esistere sociale”.
[1] Sala, M., Braida, D., Lentini, D., Busnelli, M., Bulgheroni, E.,Capurro, V., Finardi, A., Donzelli, A., Pattini, L., Rubino, T.Parolaro, D., Nishimori, K., Parenti, M., Chini, B. Pharmacologic rescue of impaired cognitive flexibility, social deficits, increased aggression, and seizure susceptibility in Oxytocin receptor null mice: a neurobehavioral model of autism. Biological Psychiatry, Vol.69, Issue 9, pp 875-882, 2011.
[2] A.B Ruiz, I contributi di Humberto Maturana alla scienza della complessità e alla pscicologia. Journal of Constructivist Psychology,.283-302, 1996..