Bertozzi & Casoni / Della similitudine icastica e sublime – di Fabio Carnaghi

 
 

C’è una surreale continuità tra arcaismo e contemporaneità nella ricerca di Bertozzi e Casoni che si colloca come unicum nell’acquisizione di un mondo concettuale cotto insieme alla ceramica, sancita come modalità rappresentativa tout court, superstite della sua sorte inestricabilmente décor. Surrogato della tradizione faentina e dell’inedita creatività dei due artisti, il materiale ceramico si affranca dal secondarismo, si avvale di tecniche di derivazione industriale, diventa medium artistico in sé, fondando  un mestiere di confine tra arte e artigianato, nel segno di una polymathia quasi rinascimentale. Alle tecnologie si affiancano atmosfere alchemiche, strumenti di eterogenee lavorazioni artigianali e la poetica di un’arte che si concettualizza in un repertorio caratterizzante e indipendente.

La ceramica diviene datante – secondo la sua natura – di un atteggiamento critico che mescola il sarcastico, nell’accezione del tragicomico, a frange satiriche, con incursioni nell’arcano e nell’arcaico.

Il realismo contemporaneo, declinato oltre il limite di un’incredibile mimesi, permea un atteggiamento non immune da un sostrato che afferisce ad una forma mentis originaria. Nell’opera di Bertozzi e Casoni si sviluppa un senso misteriosamente affine alla plasticità totemica protostorica, ad un cromatismo pressoché minoico, unito ad una dimensione icastica propria dello spirito giambico, che pungentemente manifesta significati collettivi, non tralasciando nulla, nemmeno l’ineluttabilità della morte, come in un’ecumenica danza macabra. La rappresentazione ha un approccio acrolitico arcaizzante che ben si adatta all’attualità della fiction, superando schemi concettuali, ideologici e culturali. La categoria dell’indicibile è il nucleo espressivo che non ammette censura e non assume ad alibi l’ironia. Trasversale risulta l’improbabilità iconografica di una Madonna col Bambino giocoso (Scegli il paradiso,1998), che tosa un prato fiorito, imperturbabile Potnia Theron oppure Biancaneve disneyana, in seguito rappresentata scheletrita, ma con accresciuta aura ieratica (Madonna scheletrita, 2008). In questi termini, il concetto di similitudine attualizza una modalità associativa che rimanda ad uno schema connaturato al pensiero arcaico. Attraverso un’operazione quasi omerica si instaura un ponte tra consapevolezza artistica ed esperienza comune, tra idea e realtà, tra contenuto e forma, tra significato e significante, tra  simbolo e oggetto. Ne deriva un meccanismo estetico, fatto di comporre e scomporre, di costruire e decostruire, creando un monstrum prodigioso nella verosimiglianza emulativa, ma  imponente per portata concettuale. Bertozzi e Casoni operano nella direzione della monumentalità, che viene dissacrata fino a raggiungere una dimensione polisemica, negando la staticità del rappresentato e virando oltre, senza ingabbiamenti nel decoro e nell’autoreferenzialità. Questa mechané poetico-estetica determina l’iconicità di un inventario dell’ineffabile che neutralizza ogni luogo comune. L’intervento metartistico sulla Pop art e sul design  ribadisce l’eversione iconografica, ascrivibile ad una sorta di iconoclastia benigna, che fa della scatola di Brillo un contenitore d’emergenza per rifiuti (Brillo box, 2007 e 2008) o per necessità canine (Cuccia Brillo, 2003),  mentre i barattoli di Merda d’Artista di Piero Manzoni si rinvengono su un vassoio d’avanzi (Minimi avanzi, 2007). L’arte dunque è piena di bugie da smascherare come ammonisce il cranio dorato di Pinocchio (Le bugie dell’arte, 2007).

Bertozzi e Casoni focalizzano il loro percorso artistico su una società che incessantemente “rifiuta”, transitivamente e intransitivamente. Il rifiuto in ogni sua forma, concreta o astratta, diviene simbolo icastico e mimetico, al contempo negazione della dimensione intellettualistica e della staticità celebrativa di idee o ideologie. Le immagini del consumo diventano esplicative della ciclicità vitale in cui interviene la natura,  principio di prevalenza dell’istinto sulla razionalità. L’elemento naturale sopravvive ai meccanismi umani di inquinamento e la contaminazione genera il dinamismo della nascita e della morte, mentre continua la stratificata e silente esistenza del rifiuto, incoscientemente negata.  La perbenistica intoccabilità del decoro e del senso comune viene ripudiata dalla ceramica che per secoli, ogni giorno l’ha vezzosamente ribadita. Ed ecco affiorare il reietto, lo sporco, l’infranto, il goduto, l’esausto, l’avanzato, il consumato, l’abbandonato, il dimenticato, il vano, lo sprecato. Quello contemporaneo è il mondo dello svuotamento, che ritorna a non valore dopo essere stato annichilito nel suo contenuto. L’involucro, packaging  persuasivo e ammiccante, ricade nel suo anonimato, dopo essere stato ritualmente defunzionalizzato. Il lavoro di Bertozzi e Casoni registra una vita celata, ma esplicativa di un ruolo ermeneutico essenziale: nulla più del rifiuto racconta come un oggetto parlante, un reperto indiziario, un rinvenimento archeologico, la facies culturale della contemporaneità, da cui si evincono relazioni più o meno lecite, buone o cattive abitudini, inesplicabili quanto inquietanti quotidianità, stravaganti mode, gusti o capricci, nella parmenidea considerazione per cui tutto ciò che esiste non può essere negato nella sua realtà di esistente.

© Fabio Carnaghi
 
 

Bertozzi & Casoni, Nulla è come appare, 2006, ceramica policroma e bronzo, h. 58 x 43 x 18,5 cm


 
 

© Bertozzi & Casoni